Mattioli. Una raccolta di racconti
Arte, viaggio e memoria nella narrativa dei gioielli Mattioli
Era il primo, forse il secondo incontro con Licia Mattioli – anima del brand che porta il suo nome – quando ci raccontò delle balie napoletane, che tenendo fra le braccia i lattanti facevano tintinnare catenine d’oro e medagliette per intrattenerli, incantarli, e addormentarli con quella sottile danza di luci e di suoni. Da questa suggestione affiorava l’idea di una linea di sautoir da indossare in due, tre giri, per creare un movimento e un effetto sonoro come di sonagli.
I gioielli Mattioli sono così, nascono ciascuno da una storia.
Il modo migliore per entrare nel gioco narrativo è comporre tavole iconografiche a tema – i mood board – abbinando visual raccolti da siti, libri, riviste, film o altre fonti ancora. Un mood board è una sorta di scenario: evoca il mondo di valori e l’identità profonda di un prodotto, di una linea, di un brand ed è un reattivo emozionale che facilita il dialogo con il cliente e l’allineamento sugli obiettivi di comunicazione.
“Ho storie da raccontare” fu il briefing: niente di meglio per chiunque lavori con immagini e parole. Iniziò così il nostro viaggio nel mondo Mattioli. Ne esplorammo ogni angolo, ogni paesaggio, alla ricerca di sintesi capaci di esprimere la ricchezza della collezione: ogni linea un claim, un racconto, un pittogramma. Un servizio fotografico.
Mille e una storia
Puzzle, Tibet, Aspis, Cacao, Yin Yang e così via. I nomi sono tanti. Ciascuno è la chiave di un’idea di linea, di un’ispirazione visibile nel disegno, o nella natura del materiale accostato all’oro e alle gemme, in abbinamenti inaspettati: madreperle, legni, resine, smalti, pietre vulcaniche, pietre dure in pasta.
Puzzle per esempio, linea iconica Mattioli, trae spunto dalle sculture cinetiche di Alexander Calder. In una rilettura giocosa dei Mobiles l’elemento del trapezio irregolare con gli angoli smussati è la cifra di una collezione dove lo stesso gioiello muta a seconda dell’outfit o dell’umore del giorno. Basta sostituire e combinare fra loro madreperle di colori diversi, o pavé di diamanti, componendo parure mutevoli che citano il decorativismo e il senso di libertà degli anni ’70.
Le storie Mattioli sono memorie, sogni, suggestioni di viaggio, richiami al mondo dell’arte. Le abbiamo raccontate anche nel cuore della gioielleria, per aggiunge valore al momento dell’acquisto.
Claim, testi, icone: quando l’architettura dell’informazione dà ordine alla varietà
Per il catalogo tecnico, Mattioli fece una scelta preziosa: un volume a tiratura limitata, dalla produzione artigianale complessa e curatissima.
Utile agli agenti e ai gioiellieri, il book è figlio di un’architettura rigorosa, dove elementi ordinati e ricorrenti, come gli archi di un colonnato, semplificano l’orientamento nella moltitudine di varianti, codici e materiali proposti per ogni gioiello.
Un esempio di storytelling che abbiamo particolarmente a cuore è quello dedicato alla poetica linea Tibet.
Tibet. Di madre in figlia.
Ogni giro un anno di felicità con il proprio marito: il filo ruota senza inizio nè fine, simbolo della circolarità della vita. Trasmesso di madre in figlia prima delle nozze, in qualsiasi materia, anche la più semplice, l’anello della tradizione himalayana è una storia vera reinterpretata nell’oro da Licia Mattioli, che l’ha chiamato Tibet e ha esteso il tema del filo a una poetica parure. Tibet è augurio di bene, di prosperità, e insieme invito alla meditazione sul divenire delle cose, che rende prezioso ogni istante.
Un sistema di icone sintetizza il segno caratteristico di ogni linea per facilitare il riconoscimento e la selezione dei pezzi al momento degli ordini.
Gioielli come dragées: quando le foto fanno gola
Nell’estetica Mattioli il gioiello è gioia.
Chiara, opalina, luminosa, la prinite bombata del cocktail ring Saturno, ispirato al più bello dei pianeti, pare un bonbon, circondato dalla sua corona di ametiste. La stessa godibilità della materia si ritrova nelle forme lisce, stilizzate, lavorate in onice nera che sembra liquerizia o in kogolong bianco che pare un confetto; o ancora, l’opulente maglia Cacao in oro cioccolato, è così morbida alla vista che vien voglia di toccarla. Sapiente lavoro di luci, messe a fuoco, composizione: l’art direction degli still life Mattioli offre una visione coerente che traspare da ogni prodotto: il lusso è una promessa di piacere, ogni scatto un manifesto di sensualità.